Anni fa, sulle montagne di Latveria

Dopo aver passato tutta la propria vita spostandosi da un accampamento all’altro nel gelido clima di questa piccola nazione europea, Werner Von Doom credeva di conoscere il gelo.

Ma ora, dopo giorni passati a nascondersi dagli uomini del Barone, era certo di aver compreso la vera essenza del gelo. Le sue mani tremano mentre cerca inutilmente di accendere un fuoco di fortuna; la poca legna che è riuscito a recuperare è ancora bagnata dalla nevicata dell’ultima notte.

-Devo pensarci io, padre? – chiede suo figlio, rannicchiato sotto una coperta che non è neanche lontanamente sufficiente a scaldarlo a dovere.

-Riposati, Victor. Devi essere stanco. – risponde Werner, continuando a cercare di sfruttare l’ultima scintilla rimasta nel suo accendino.

-Stanco di scappare. Dovremmo combattere.-

-Non mangiamo da due giorni, Victor. La cosa migliore da fare è tenere un basso profilo e pregare che gli uomini del Barone si dimentichino di noi.-

-Pregare per la mediocrità. Madre non avrebbe mai approvato.- Victor mormora, e Werner non ha il coraggio di rimproverarlo per la mancanza di rispetto... non è mai riuscito a imporsi su nulla.

Finalmente, miracolosamente, la piccola fiamma si accende. E all’improvviso quello che dovrebbe essere un blando fuoco di fortuna emette una fiammata che sembra appena uscita dall’Inferno stesso. Non è solamente questa a far saltare un battito al cuore di Werner: è la figura che è apparsa improvvisamente di fronte a lui. Illuminata dal fuoco, un’armatura coperta da una cappa oscura tra le cui ombre si nasconde qualcosa di sinistro.

Werner è troppo spaventato per gridare. Il suo primo istinto è di volgere lo sguarda a Victor, che è sprofondato in un pacifico sonno profondo.

-Non temere per lui. Il mio Induttore di Onde Theta non ha effetti collaterali, se non quello di permetterci di parlare senza interferire con la storia... e noi abbiamo molto di cui parlare, padre.- dice il Dottor Destino.

 

#25 – Il Destino che fu, il Destino che sarà

di Fabio Furlanetto

 

 

Decenni dopo, Doomstadt

Di questa stagione i temporali sono all’ordine del giorno a Latveria, ma più di un latveriano è convinto che stia piovendo su esplicita richiesta del loro sovrano.

Qualunque sia il motivo, il clima si addice alla processione funebre che attraversa la capitale.

Dietro al feretro trascinato dal cavallo tutte le maggiori autorità sono rappresentate da un trittico inusuale. Lucia Von Bardas, Primo Ministro del governo, in un sobrio abito nero e ombrello.

Boris, in rappresentanza del clan Zefiro; la pioggia cade sul suo ampio cappello ed impermeabile come se fosse un gargoyle del castello.

In mezzo ai due cammina Morgana Von Doom, Principessa di Latveria, a rappresentare il trono ed il padre. L’armatura è nascosta dal mantello verde, così come il suo volto viene oscurato ai più dall’ombra gettata dal cappuccio.

-Questa è una perdita di tempo. Avrei potuto portare il cadavere nella cattedrale alla velocità del suono.- si lamenta la ragazza. A risponderle è Boris:

-La processione non è per il defunto, Principessa. Questa è una funzione di stato; è giusto che un uomo che ha servito a dovere Latveria sia sepolto con il dovuto onore.-

-Bah! Era soltanto il sindaco della capitale; la gloria di aver servito il suo re avrebbe dovuto essere... trovi la cosa divertente!?- cambia discorso la ragazza, il cui tono si accende di rabbia al piccolo accenno di risata del vecchio Boris.

-Nessun altro dice “bah!” con quel tono se non tuo padre. Sei davvero la figlia di Destino.-

-C’è forse mai stato qualche dubbio? Se hai intenzione di contestare la mia legittimità, vecchio...-

-Così tanta passione e rabbia possono fare male all’anima, Morgana, anche se artificiale. Devi imparare a rilassarti.-

-Sai che sono un androide.- deduce lei. Una dozzina di possibili falle della sicurezza vengono considerate in un secondo, così come altrettante esecuzioni per poter mettere a tacere le voci.

-So che la tua mente è basata su quella del mio signore, e che lui ti considera sua figlia. Non ho bisogno di conoscere altri dettagli per considerarti la legittima erede al trono.-

-Legittima ma di secondo grado. A Kristoff non è stato richiesto di scortare il cadavere di un uomo insignificante.-

Boris non risponde subito. Nessuno, nemmeno il Dottor Destino, sa meglio di lui come gestire l’anima ricolma di rabbia di un Von Doom.

-Sei qui perché tuo padre vuole che sia tu a rappresentare la corona. Questo dovrebbe rassicurarti.-

-Se questa funzione è così importante, perché mio padre non è qui?-

-Perché Friedrich può anche essere stato il primo sindaco di Doomstadt dopo la rivoluzione... ma se il re stesso fosse presente al suo funerale, manderebbe un messaggio sbagliato al popolo.-

-Che tutti sono uguali al cospetto di Destino.-

-Vedo che stai imparando, ragazza.- sorride il vecchio Boris.

 

Castello Destino

Una figura in armatura si aggira tra i corridoi illuminati da antichi lampadari. I servo-robot si inchinano al suo passaggio ed una porta blindata si apre al suo passaggio. Niente gli impedisce di proseguire all’interno del laboratorio, apparentemente troppo grande per poter essere contenuto nella stanza indicata nella planimetria del castello.

L’uomo si avvicina ad una macchina di cui poche persone al mondo possono comprendere il funzionamento. Abbassa il cappuccio, sotto il quale non si trova il casco del Dottor Destino ma un uomo dalla chioma bianca e con un pizzetto fieramente curato.

-Lo sai che hai fatto scattare tre allarmi solo su questo piano, vero?- chiede qualcuno alle sue spalle.

L’intruso si volta, estraendo una pistola a raggi paralizzanti e fermandosi solo quando riconosce il giovane uomo che ha davanti.

-Kristoff! Avrei potuto ucciderti. Perché non indossi l’armatura?- chiede Nathaniel Richards.

L’erede di Destino infatti non sfoggia il suo solito look, ma un’alta uniforme dell’esercito latveriano.

-Non ci vediamo da anni ed è quella la prima cosa che vuoi chiedermi?- chiede Kristoff.

-Quasi tutti i nostri incontri non sono stati nella sequenza temporale che credi, figliolo.-

-Non sono interessato ai tuoi insipidi enigmi, Nathaniel. Voglio sapere perché ti sei intrufolato a casa mia per l’ennesima volta.-

-“Casa tua”? Per questo non indossi l’armatura, perché credi di essere al sicuro tra le mura di questo castello? La nostra famiglia ha la fama di essere esclusivamente composta di geni, Kristoff, idee del genere rischiano di screditarci.-

-Ti ho fatto una domanda. E l’unico motivo per cui non sei stato accerchiato da un esercito di Doombot nell’istante in cui hai messo piede nel castello è che voglio una risposta.-

-Molto bene. Sono venuto a salvarti da questo congegno infernale, figlio mio.- risponde Nathaniel, indicando il dispositivo che si trova davanti a lui. Kristoff non lo ha mai visto in vita sua.

-Una sorta di alteratore genetico?- ipotizza.

-Molto bravo, ragazzo. Nello specifico, questa macchina è capace di modificare il DNA di qualsiasi essere vivente con una precisione a dir poco incredibile.-

-Mio padre deve averla costruita per annullare i poteri dei Fantastici Quattro.-

-Lo consideri ancora tuo padre, Kristoff, dopo tutto quello che ti ha fatto? Ormai sai bene da tempo che sono io tuo padre.- [i]

-Padre biologico. Che mi ha abbandonato ancora prima che nascessi, per farmi crescere da mia madre.- puntualizza Kristoff.

-Posso essere stato un padre assente, è vero, ma non ti ho mai mentito. Ma capisco di avere una certa fama di tessitore di menzogne, quindi ti capirei se avessi verificato tu stesso.-

-Ovviamente l’ho fatto. Dove vuoi arrivare, Nathaniel?-

-Nel futuro non c’è nessuna traccia della nostra parentela, Kristoff. In nessun archivio.-

-E allora? Il DNA di ogni latveriano viene prelevato alla nascita e custodito negli archivi di stato; il mio padre biologico è sempre risultato ignoto per quanto riguarda la legge.-

-Non sto parlando degli archivi latveriani, ragazzo. Dopo i vostri futuri scontri il tuo codice genetico sarà analizzato indipendentemente dai Fantastici Cinque, dai Vendicatori e dai Nuovi Inumani. Ed in ognuno di essi risulterai il figlio biologico di Victor Von Doom.-

-Questo è impossibile!- protesta Kristoff.

-Non per questa macchina.- risponde Nathaniel, attivando il display del Modificatore Genetico: mostra una sequenza genetica che soltanto due persone al mondo riconoscono a colpo d’occhio.

-Quello è il DNA di Destino.- conferma Kristoff.

 

Anni fa, sulle montagne di Latveria

Nel cuore della notte, Werner Von Doom siede di fronte al fuoco assieme ad un uomo in armatura.

-Sembri meno turbato dalla mia apparizione meno di quanto credessi.- ammette il Dottor Destino.

-Cynthia aveva... lei ti ha sognato. Aveva avuto una visione. La morte in persona si sarebbe presentata, indossando un’armatura e le insegne del re di Latveria.-

-Non sono la morte, padre. Sono tuo figlio, tornato dal futuro per un’ultima occasione di parlare.-

-Allora perché non mi mostri il tuo volto?-

-C’è stato... un incidente.- Victor risponde, voltando lo sguardo; non riesce a guardare il padre mentre lo ammette.

-E’ stata colpa tua?-

-L’ho negato per così tanto tempo, padre. Ma ora so... so con certezza che è stata colpa mia. E questo è il mio vero volto ora.-

-Capisco. E sei tornato indietro nel tempo per avere il mio perdono?-

-Destino non ha bisogno del perdono di nessuno!-

-“Destino”.- ripete Werner.

-E’ quello che sono. Mi chiamano il Dottor Destino.-

-Oh. Credevo non avessi interesse a diventare un guaritore, ma se hai seguito la mia carriera...-

-Non quel tipo di dottore, padre.-

-Dottore in cosa, quindi?-

-Ogni cosa. Sono considerato la più grande autorità mondiale in qualunque aspetto della scienza e della magia. La macchina del tempo che mi ha portato qui è una delle mie invenzioni.-

-Sono senza parole. Sapevo che eri brillante, Victor ma questo... Sono felice che il tuo primo viaggio nel tempo sia stato per parlare con me.-

-Il mio primo... spesso dimentico quanto limitata possa essere la mente umana. Esploro le vastità del tempo da chissà quanti decenni, padre.-

-Decenni? Quanti anni hai?-

Il Dottor Destino apre bocca per rispondere, ma si ferma. Fissa le stelle per qualche istante e riflette.

-Onestamente? Non ne sono certo. Ironicamente, l’uomo che ha conquistato il tempo ha perso completamente la cognizione del tempo. Il mio corpo è stato disintegrato e ricostruito troppe volte perché abbia qualsiasi importanza. Destino è eterno.-

-E’ questo che sei diventato, Victor? Un esploratore dello spaziotempo?-

-Sono il Re di Latveria per diritto rivoluzionario. Il mondo si è inginocchiato ai miei piedi più di una volta, ho sottomesso il diavolo stesso, sono stato un dio e qualcosa di più di un dio. Eppure...-

-Eppure non sei felice.-

-La felicità è per i bambini e gli ingenui. Non sono realizzato, padre. Nonostante abbia ottenuto più di quanto chiunque potesse immaginare... mi manca qualcosa. E non realizzare cosa sta rodendo la mia anima.-

-Ed hai pensato che parlare con tuo padre poco prima della sua morte potesse aiutarti.-

C’è un attimo di silenzio. Destino osserva Werner negli occhi per la prima volta da quanto è arrivato, e realizza qualcosa che non aveva mai notato quando era un bambino. Che quella scintilla di completa ed assoluta sicurezza in se stessi... lo sguardo di un Von Doom... era già presente in quell’uomo apparentemente rassegnato alla sconfitta.

-Sì, lo so. Non ho chance di vedere l’alba. Tutto quello che posso fare è dedicare ogni fibra del mio essere alla tua sopravvivenza, Victor. Perché credo fermamente che Cynthia ed io abbiamo cresciuto un ragazzo che potrà fare del bene. E mi hai confermato che sarà così.-

-Per anni ho esitato a parlare con te perché non ero sicuro avresti approvato i miei metodi, padre.-

-Nessuno più di me può capire che bisogna fare dei sacrifici per il bene comune, Victor. Se la mia morte ti insegnerà questo, non ho rimpianti.-

-Vedo che sono stato saggio a concentrare i miei sforzi per salvare mia madre dall’Inferno, padre... è chiaro che non hai mai avuto bisogno del mio aiuto per raggiungere un luogo migliore.-

-La mia Cynthia... è davvero...-

-Non più. Ho costretto il diavolo a lasciarla andare. Sono certo che la vedrai ancora, e presto.-

-Victor... sono lieto di questa conversazione, ma... non capisco che cosa ti aspetti da me; sono solo un semplice medico zingaro, di certo non ho alcuna lezione per te.-

-Tutt’altro, padre. L’unico difetto della mia infanzia è che, avendo cresciuto me stesso, non ho potuto apprendere come crescere un altro. Sto avendo qualche problema con i miei figli...-

 

Decenni dopo, Castello Destino

Kristoff sa benissimo di non potersi fidare di Nathaniel Richards: la sua fama di bugiardo non è esattamente immeritata.

Eppure deve ammettere di non aver mai compreso perché Destino abbia deciso di adottare il fratellastro di Reed Richards.

-Ammettiamo che tu abbia ragione, Nathianiel. Hai intenzione di distruggere questa macchina... o forse di usarla tu stesso? Forse per ottenere i poteri dei Fantastici Quattro?

-Non essere ridicolo. Perché mai dovrei...-

La menzogna di Nathaniel viene interrotta dall’esplosione che riduce in cenere la porta di accesso al laboratorio. Kristoff evoca la propria armatura con uno dei pochi incantesimi che si è preoccupato di imparare, mentre Nathaniel deve spingere al massimo il proprio campo di forza per difendersi dal raggio disintegratore scagliato da Morgana.

-Richards! Come OSI invadere il Castello Destino!?- urla rabbiosa la ragazza, la cui armatura sta generando un effetto di distorsione che impedisce a Nathaniel di teleportarsi al sicuro.

-Vedo che tua “sorella” ha preso più di te da aaargh!- l’uomo urla di dolore quando Morgana lo afferra per un braccio: non solo ha superato il campo di forza come se neanche ci fosse, ma la sua mano ha stritolato il metallo che lo ricopre e rischia seriamente di spezzargli l’omero.

-Morgana! Lascialo andare, è solo un vecchio!- l’avverte Kristoff.

-E’ un nemico dello stato e un Richards. Merita solo la morte.- risponde lei, preparando un colpo energetico diretto alla testa di Nathaniel.

-Anche io sono un Richards.-

Alle parole di Kristoff, Morgana si trattiene. Si volta lentamente verso il fratellastro, che ha caricato i sistemi offensivi della propria armatura e si prepara a fare fuoco contro di lei.

-Cosa. Hai. Detto?- chiede lei, con un miscuglio di sorpresa ed odio nella propria voce.

-Nathaniel è il mio padre biologico. Non posso lasciare che tu lo uccida.-

-Tu... tu non sei... tu non puoi...- lei mormora, mentre la sua mente fatica a processare la situazione.

Morgana non è esattamente l’androide dalla programmazione più stabile del pianeta, ma qualcosa nei suoi circuiti logici è appena saltato.

-TRADITORE!!!- urla contro Kristoff, scatenandogli addosso tutto ogni arma a disposizione.

 

Anni fa, sulle montagne di Latveria

Werner ascolta Victor parlare dei propri figli: di come abbia adottato Kristoff dopo la morte della madre, di come la sua mente sia stata modificata per impiantare i suoi ricordi, di come Morgana sia stata costruita sulla base dei suoi schemi cerebrali...

-Victor, basta così. Mi stai parlando di quello che i tuoi figli hanno preso da te, ma non di che persone sono. Quali sono i loro sogni ed interessi, quello che vogliono dalla vita...-

-Quello che vogliono non è importante.-

-Invece lo è eccome! Non puoi pretendere che ti rispettino se non li lasci inseguire i propri sogni. Che cosa vogliono veramente i tuoi figli? Non puoi non saperlo!-

-Certo che lo so. Morgana brama di essere riconosciuta e di servire Latveria. Kristoff...-

Destino esita. Ammettere i propri fallimenti di fronte al padre non è semplice.

-Non ho idea di che cosa voglia Kristoff. Temo che gli impianti mnemonici abbiano affossato la sua vera personalità. Se scoprissi che cosa si cela sotto la maschera che io stesso gli ho dato, forse... grazie, padre. Credo di sapere come aiutare la mia famiglia.-

-Sono io ad esserti grato, Victor, per avermi mostrato che cosa diventerai. Vorrei solo che fosse possibile conoscere tutte le meraviglie che hai vissuto.-

-Un modo c’è, padre. Non tramite la scienza, ma conosco un incantesimo per evocare una visione delle mie gesta. Non ricorderai nulla, se non la consapevolezza di essere stato responsabile per tutto ciò che ho fatto nella mia vita.-

-Nessun padre potrebbe chiedere un onore più grande. Fa’ quel che devi, Victor.-

Destino avvicina le mani alla testa del padre, pronunciando parole in una lingua scomparsa dalla storia millenni fa. Illuminato dal fuoco del falò, il volto di Victor Von Doom è sereno e ricolmo d’orgoglio... fino a quando la visione non inizia.

-Dio misericordioso...- dice con voce tremolante e la bocca spalancata.

-Molto di più.- risponde Destino, fissando il riflesso della propria maschera negli occhi ricolmi di terrore dell’uomo che l’ha cresciuto.

-Oh mio dio... Victor... che cosa hai fatto?-

-Addio, padre. Che il ricordo delle mie gesta ti accompagni nella tua prossima vita.- lo benedice il Dottor Destino, prima di scomparire grazie alla piattaforma temporale.

Per Werner Von Doom, tuttavia, questa è la peggiore delle maledizioni. Ogni vita rovinata, ogni sofferenza causata dal figlio gli è appena passata sotto gli occhi. Forse è un bene che il sole abbia appena iniziato a sorgere, perché non riuscirebbe mai a dormire.

-Padre? Hai avuto un incubo?-

La voce del figlio lo riporta alla realtà. E’ la voce di un bambino, così familiare eppure così simile a... non ricorda a cosa. Il ricordo è già svanito.

-Credo di sì, Victor. Ma ora è tutto passato. Prepariamoci a riprendere il cammino: non lascerò che il Barone catturi mio figlio... hai un destino da realizzare!-

-Quale destino, padre?-

Werner guarda il fuoco del falò che inizia a spegnersi. Non ricorda neanche di averlo acceso.

-Nessuno può conoscere il proprio destino, Victor: siamo noi stessi a forgiarlo.-

 

Decenni dopo, Castello Destino

Le segrete del castello erano sconfinate ben prima della salita al potere di Destino; dopo che l’edificio è stato ricostruito chissà quante volte, sono un vero e proprio labirinto.

Per la maggior parte sono normalissime prigioni, non troppo diverse da come apparivano nel Medioevo; è qui che Destino incarcera gente comune che ha commesso l’imperdonabile crimine di aver criticato in qualche modo il suo regime.

Una prigioniera ha il discutibile privilegio di essere controllata a vista dall’araldo personale di Destino: Lancer siede dall’altra parte delle sbarre, intenta a fissare Layla Miller.

-Non hai proprio niente di meglio da fare, vero?- chiede la ragazza, che invece è sdraiata sulla propria branda con gli occhi fissi verso il soffitto.

-Il tuo trucco da innocentina non funziona con me, Layla. Abbiamo salvato assieme Destino [ii], so quanto puoi essere pericolosa.-

-Per questo sono stata condannata a morte? Dai, lo sai benissimo che non ho avuto niente a che fare con il piccolo tentativo di tradimento di Maximus[iii]. A proposito, lo avete già giustiziato o è scappato alla morte per la miliardesima volta?-

-Non sarei così tranquilla se fossi in te, Layla. Destino non si farà problemi ad ucciderti.-

-Forse no. Ma vedi, Lancer, a differenza di te io non ho una visione così lineare del tempo... ci ha pensato Destino a questo, quando mi ha dato la conoscenza di un futuro possibile. Un futuro in cui so di essere viva, quindi so che sopravviverò a tutto questo.-

-Un futuro “possibile”. Ho lavorato con Destino quanto basta per sapere che non c’è un solo futuro.-

-Vero. Ma nel creare me, Destino ha anche dato via a un circolo vizioso: il futuro da cui proviene la mia conoscenza non può essere evitato. Esattamente come quel muro.

-Quale...-

L’esplosione che fa crollare metà delle segrete colpisce in pieno Lancer; il suo corpo cibernetico sopravvive facilmente all’attacco, ma il muro che le crolla sulla testa basta a farle perdere conoscenza. Layla Miller, invece, può tranquillamente scendere dalla branda ed osservare la scia di distruzione che conduce all’esterno.

-Niente di personale, Lancer, ma solo perché so molte cose non vuol dire che voglia sempre condividerle!- dice Layla, affrettandosi a scalare le rovine per uscire all’esterno.

E come si aspettava, la fonte di tutta la distruzione è la battaglia senza esclusione di colpi tra Kristoff e Morgana. In altre circostanze, ad uno scontro simile si sarebbero già uniti dozzine di robot... se non fossero stati programmati per non attaccare i figli di Destino.

In mezzo alla confusione, c’è solo un osservatore che non sta cercando di fuggire: un vecchio in armatura dal pizzetto bianco, intento a scrutare Kristoff mentre si tiene stretto il braccio ferito.

-Il Dottor Richards, presumo. Di quanto dobbiamo allontanarci per superare il campo anti-teletrasporto del castello?- gli chiede Layla.

Nathaniel osserva perplesso la ragazza bionda con una M tatuata sull’occhio. Non ha idea di chi sia.

-Layla Miller. No, non ci conosciamo, ma so molte cose. Vogliamo andarcene? Penso di averne avuto abbastanza di Latveria.-

-Non sono certo di potermi fidare di te, ragazza, ma sono sicuro di non avere altra scelta.- deve ammettere Nathaniel, che si affretta a correre assieme a lei verso una breccia di una delle mura.

Ed entrambi devono fermarsi quando una figura avvolta in un mantello verde emerge da un rettangolo metallico luminoso che non era lì un istante prima.

-Uhm, non è quello che sembra, Doc, davvero!- prova a scusarsi Layla.

Il Dottor Destino non risponde. L’afferra per il collo e la solleva da terra con una mano, mentre l’altra emette una dose concentrata di gravitoni che rende l’armatura di Nathaniel pesante un centinaio di tonnellate, facendolo sprofondare nel terreno.

-MORGANA!!!- chiama Destino, con un tono perentorio che non lascia spazio a discussioni.

Sua figlia si allontana da Kristoff scatenandogli in faccia dei macigni ricavati dal pulviscolo dell’atmosfera tramite il proprio Espansore Molecolare, e vola verso Destino per inginocchiarsi di fronte al proprio signore.

-Padre, posso spiegare...-

-Sei una principessa di Latveria, Morgana: simili manifestazioni emotive sono al di sotto del tuo rango. Ritirati nelle tue stanze in attesa della tua punizione.-

-Ma, Padre, Kristoff vi ha nascosto di essere...-

L’androide alza lo sguardo. Quando scorge gli occhi severi del padre che la guarda dall’alto al basso, Morgana non ha altra scelta che abbassare la testa.

-Come desiderate, Padre.- risponde mestamente, alzandosi ed allontanandosi come un’adolescente che è appena stata messa in punizione.

Al tempo stesso, il suo fratellastro si avvicina zoppicando: la sua armatura ha ricevuto più danni del previsto nella battaglia, ma non osa dimostrare debolezza di fronte al padre.

-Kristoff.-

-Destino.-

-Dobbiamo parlare.-

-Sì. Credo che avremmo dovuto avere questa conversazione molto, molto tempo fa.-

 

Anni fa, sobborghi di Doomstadt

La giovane donna controlla allo specchio che l’abito tradizionale Latveriano sia perfetto, come è stato decretato per editto reale.

Chissà cosa direbbe se sapesse che il suo re è nella stessa stanza, ma invisibile ed intangibile grazie ad un leggero sfasamento temporale... così come suo figlio Kristoff.

-Ricordi questo giorno?- chiede Destino.

-Il giorno prima del colpo di stato di Zorba[iv]. L’ultimo giorno in cui sono stato felice.- ricorda il ragazzo, che stacca gli occhi dalla madre solo quando vede un bambino correre verso di lei per farsi prendere in braccio.

-E’ il tuo modo per torturarmi, padre? Mostrarmi il ricordo di mia madre... la donna che non sei riuscito a salvare dai robot di Zorba?-

-Non avrebbe dovuto mettersi sulla linea di tiro.-

-Wow. Non sei proprio capace di ammettere di aver fatto un errore, vero?-

-Destino non commette...- inizia a sbraitare il tiranno, interrompendosi a metà frase. Poi emette un lungo sospiro.

-Non era previsto che i Doombot trasferissero le mie conoscenze all’interno della tua mente [v]prima che tu diventassi maggiorenne. Bombardare il cervello di un bambino con una tale mole di conoscenze... è naturale che tu sia impazzito.-

-Anche se ti credessi, questo non ti ha impedito di trasformarmi in una versione di te stesso.-

-Naturalmente! Ogni padre vuole solo il meglio per il proprio figlio, e quale gloria può essere più grande di essere Destino?-

-Non ho mai voluto essere Destino! Volevo solo il padre che non ho mai avuto. Ti ho perdonato molte cose... ma trasformare il mio DNA perché fossi il tuo figlio biologico? Questo è troppo.-

-Ascoltami bene, Kristoff, perché raramente Destino pronuncia queste parole: non ho la minima idea di che cosa tu stia parlando.-

-Hai una macchina capace di riscrivere completamente il codice genetico, programmata con il tuo stesso DNA. A cos’altro può servire?-

-Sei davvero un Richards se la tua immaginazione è così ristretta da pensare solo e unicamente a te stesso, Kristoff.- Destino risponde, avvicinando il guanto metallico alla maschera.

Un anello ben mimetizzato nel guanto emette un raggio invisibile che sblocca determinati circuiti del casco, permettendo al Dottor Destino di togliersi la maschera.

Kristoff ha già visto il volto sfigurato del proprio padre adottivo, sia negli impianti mnemonici che nella propria esperienza. Eppure resta comunque sconvolto da quello che vede... il volto privo di ogni cicatrice di Victor Von Doom.

-Hai curato il tuo viso!?!?-

-Dispongo dei mezzi per curarmi da anni: ora che ho scoperto che Richards non era responsabile del mio incidente di laboratorio, non ho più bisogno del ricordo costante del mio odio per lui. Ma questo è ora il mio vero volto: non ho mostrato la mia vecchia faccia nemmeno a mio padre.- risponde Destino, rimettendosi la maschera.

-Ma allora... Nathaniel mi ha...- commenta scioccato Kristoff, che soltanto ora si accorge che la scena attorno a loro non sta cambiando. La madre si aggiusta l’abito, il bambino corre verso di lei per farsi prendere in braccio, e tutto ricomincia da capo.

-Siamo in un loop temporale?- deduce.

-Ho esaudito il tuo desiderio. Se non vuoi essere un Von Doom e non vuoi essere un Richards, resterai per sempre un bambino che non vuole crescere.- sentenzia il Dottor Destino, attivando circuiti dell’armatura di Kristoff che il ragazzo non sapeva neanche di avere.

Il suo corpo adulto diventa invisibile ed intangibile, fondendosi con il suo io infantile. Per quei pochi secondi che continuano a ripetersi, la mente adulta di Kristoff resta cosciente quanto basta per rivivere quell’attimo di felicità, ancora e ancora, all’infinito.

-Destino ti dona quello che non ha mai potuto avere, figlio mio: un lieto fine.-

 

Anni dopo, Castello Destino

Mentre i droni sono impegnati a riparare le mura, Lancer è di guardia ai prigionieri che le è stato chiesto di radunare.

Maximus il Pazzo è invece rinchiuso all’interno di un macchinario di cui Lancer non conosce la funzione; uno speciale casco che non solo ne oscura la faccia ma che blocca i suoi imprevedibili poteri mentali.

Nathaniel Richards è incatenato al muro; dopo che gli è stata rimossa l’armatura, è solo un vecchio.

Anche Morgana Von Doom è senza armatura, ma nel suo caso non è stato necessario rimuoverla con la forza: è stata lei stessa ad arrendersi, senza fare obiezioni. E’ l’unica a non essere incatenata.

Infine Layla Miller, che sembra essere l’unica tra i presenti a non temere per la propria vita.

Finalmente il Dottor Destino appare nella stanza, depositato nel presente dalla propria piattaforma temporale. Lancer si mette sull’attenti.

-I prigionieri attendono il giudizio finale, Lord Destino.-

-Che cosa hai fatto a Kristoff?- chiede subito Nathaniel, ignorato da Destino: la sua attenzione viene prima rivolta a Maximus.

-Maximus Boltagon di Attilan. Destino non asseconda più le tue mire espansionistiche, e rimandarti alla tua città d’origine sarebbe una sentenza a morte dopo il tuo esilio[vi]. L’onore esige che ti lasci in vita per i servizi resi, e così sarà. Questa macchina riscriverà il tuo DNA per cancellare ogni singola traccia di geni Inumani, rendendoti umano al 100%. Dopodiché potrai tornare alla tua casa ancestrale: le montagne dell’Himalaya.-

Maximus mormora qualcosa mentre si agita: la macchina è stata messa in funzione, e a giudicare dalle grida silenziose solo in parte dal casco non è una procedura indolore.

-Nathaniel Richards. La tua armatura è confiscata e sarai riportato alle tue coordinate temporali originali. Sei persona non grata a Latveria: se metterai di nuovo piede nel mio regno in questa linea temporale, in qualsiasi epoca, sarai giustiziato senza alcuna pietà.-

-Se hai torto un capello a mio figlio non esiste realtà in cui...- inizia a minacciarlo Nathaniel, non potendo finire la frase quando la piattaforma temporale lo riporta nel futuro.

-Morgana Cynthia Victoria Alexandra Von Doom, Duchessa di Doomstadt e Principessa di Latveria. Come mia unica erede, è arrivato il momento che tu ricopra una carica ufficiale: con effetto immediato, ti nomino Ambasciatrice di Latveria alle Nazioni Unite.-

-Questo è un immenso... “unica”? Padre, ma Kristoff...-

-Kristoff Vernard è morto assieme alla madre durante la mia riconquista di Latveria. Così sarà scritto nei libri di storia; ogni riferimento alla sua adozione, o al suo padre biologico, è già stata cancellata da ogni database del paese e ben presto del mondo. Non parlerai più di lui.-

-Come da vostro ordine, padre.- risponde Morgana con un inchino.

-Tutto questo non ha senso! Ricordo il futuro, Kristoff era ancora principe! – protesta Layla.

-Layla Rose Miller. La ragazza che crede di sapere tutto.-

-Ma non capisci, Destino? Distruggendo il futuro da cui provengono i miei ricordi stai creando un paradosso! Hai già alterato il futuro di Nathaniel, chissà quali altri danni al tempo stai creando!-

-E’ questo il tuo limite. Segui le correnti del tempo, mentre Destino ne è il timoniere.-

-Destino... qualunque cosa tu abbia in mente, devi fermarti. Ho aiutato la tua resurrezione perché l’equilibrio tra bene e male è sbilanciato: puoi essere il male incarnato, ma sei un male necessario. Abbandonare la conquista del mondo e la distruzione dei Fantastici Quattro... non puoi evolverti oltre il ruolo che il destino ti ha assegnato!-

-Nessuno può dare ordini a Victor Von Doom, ragazza, nemmeno il destino. Se come dici il mio destino è essere il male necessario, allora continuerò ad essere l’eroe che sono sempre stato.-

-E’ questo che hai imparato!? Come si fa ad essere così narcisisti da...-

Un colpo di energia proiettato dall’armatura colpisce Layla a distanza ravvicinata: la sua testa esplode in mille pezzi, spargendo sangue e cervella sul muro alle sue spalle. Il suo corpo crolla privo di vita, e per la prima volta da quando è stata attivata Morgana guarda il padre con timore.

-Nessuno contesta gli ordini di Destino. NESSUNO. Lancer?-

-S-s-sì, Lord Destino?- risponde la donna; credeva di aver già visto il lato peggiore di Destino, ma non lo ha mai visto essere così brutale.

-Devo lasciare Latveria per alcuni giorni. Occupati di portare Maximus nella sua nuova dimora e di disporre dei resti della signorina Miller.-

-Senz’altro, Lord Destino.-

-Padre? Posso chiedere dove state andando?- chiede Morgana.

-Di recente ho scoperto di aver commesso un errore nella mia gioventù. E’ arrivato il momento di rimediare... e c’è solo una persona qualificata a spiegarmi come.-

 

New York City

Agli occhi di un americano, questo è un ottimo quartiere. Vecchie e solide case a due piani, un piccolo giardino, qualche albero. Agli occhi di Destino, la bassa plebaglia.

Un incantesimo di estrema semplicità si occupa delle apparenze: qualsiasi passante non vedrebbe il Re di Latveria nella propria armatura, ma un quarantenne vestito in un impeccabile ed elegante abito cucito su misura, suonare il campanello.

E’ in queste sembianze che lo vede l’uomo che apre la porta d’ingresso; l’americano non percepisce alcun pericolo, ma sobbalza comunque come se l’avesse riconosciuto.

-Dottor Parker. Il Dottor Destino richiede i servizi dell’Uomo Ragno.-

 

 

CONTINUA SU UOMO RAGNO #107

 

 



[i] come scoperto sulle pagine di Fantastic Force MIT

 

[ii] come visto nella saga Breaking Doom, su Destino #13-18

 

[iii] nel numero scorso

 

[iv] ovvero prima di Fantastic Four #200, in Italia su Fantastici Quattro Corno #236

 

[v] Fantastic Four #278, in Italia su Fantastici Quattro Star Comics #52

 

[vi] su Vendicatori MIT #82